Da giorni si ripete il mantra “i governi Conte hanno aumentato gli investimenti militari” per screditare e sminuire la nostra posizione. A chi fa finta o non vuole capire, consigliamo di guardare questo semplice grafico, basato su dati ufficiali del Ministero della Difesa che ogni anno definisce il cosiddetto “bilancio integrato Difesa in chiave Nato”, che è quello che conta ai fini del calcolo dell’Alleanza atlantica sull’incidenza delle spese miliari sul Pil.
Quello che non si dice è che si è trattato di aumenti fisiologici per l’adeguamento – soprattutto tecnologico – della nostra Difesa con incrementi annui nell’ordine di 1,6/1,8 miliardi l’anno (ovvero meno dello 0,1% del Pil) comprensivi, non dimentichiamolo, degli stanziamenti straordinari per il potenziamento della sanità militare legati all’emergenza Covid che incidono per circa il 7/8% sugli incrementi annui.
Altra cosa che non si dice è che nel 2020, pur lavorando gradualmente per rispettare i nostri accordi internazionali, il Governo Conte ha messo in campo oltre 130 miliardi di euro, con 5 scostamenti di bilancio, per aiutare famiglie e imprese colpite dalla pandemia. Abbiamo avuto ben presente, quindi, quali fossero le priorità del momento.
Non mettiamo in discussione gli impegni internazionali, come quello del 2% del Pil per investimenti militari, ma la tempistica stabilita in via indicativa nel 2014, cioè in un’altra era politica, sociale ed economica va rimodulata alla luce delle gravi crisi ancora in atto, pandemica ed energetica. Noi diciamo che quel target, che solo dieci membri Nato su trenta (tra cui Usa e Uk) hanno finora raggiunto, non può essere considerato un dogma indiscutibile a cui inchiodare le nostre scelte di spesa pubblica in un momento in cui le priorità sono altre.
Noi diciamo semplicemente – come tra l’altro aveva detto lo stesso ministro della Difesa Guerini nel 2019, prima della pandemia sanitaria ed energetica – che raggiungere questo obiettivo entro il 2024 è insostenibile e irrealizzabile nel pieno di una crisi economica e sociale con pochi precedenti.
È impensabile una corsa al riarmo ora. È fuori dalla realtà pensare di aumentare di almeno 12/15 miliardi la nostra spesa militare in due anni. Significherebbe stanziare almeno 6/7,5 miliardi l’anno nelle prossime due leggi di bilancio. Il grafico parla chiaro: quell’impennata non è sostenibile. L’impegno del 2% può essere centrato solo con una crescita di spesa progressiva, spalmata nei prossimi anni, ad esempio da qui a quantomeno il 2030.
Cittadini, famiglie e imprese sono schiacciati dalla pandemia sanitaria e dai rincari dell’energia: bollette che raddoppiano, prezzi che aumentano. Persone che devono scegliere se pagare la bolletta del gas o fare la spesa. Aziende che devono decidere se chiudere o pagare i consumi energetici. La prima pagina del Sole 24 del 30 marzo certifica che a febbraio 2022 il 15% di famiglie e piccole imprese non è riuscito a pagare le bollette di luce o gas. Una percentuale destinata purtroppo ad aumentare. Ecco cosa intendiamo quando parliamo di priorità.
Non possiamo dire che non ci sono le condizioni per uno scostamento di bilancio per aiutare chi è in difficoltà e poi assecondare un aumento straordinario delle spese militari, senza battere ciglio.
Questa è la posizione del M5S, questa è la posizione che guarda all’interesse del Paese e ai bisogni dei cittadini. Non intendiamo fare passi indietro.