L’Italia si trova in vetta alla triste classifica europea che vede 3 milioni di giovani nella fascia d’età tra i 15 e i 34 anni “inattivi”. Non studiano, non lavorano, non si formano e, tristemente, non cercano lavoro. Sono i cosiddetti NEET.
Dal 2010, l’Unione europea ha deciso di utilizzare il dato relativo ai NEET come indicatore dello spreco delle energie e delle intelligenze delle nuove generazioni. E questo, se possibile, mette ancora più in risalto la drammaticità della situazione.
Che fare, dunque, di fronte a una tendenza in peggioramento e che è naturalmente inasprita dalla situazione di pandemia? Dobbiamo rendere i giovani “liberi”, questo è l’obiettivo. Prima di ricercare colpe, o di etichettare i nostri giovani come “bamboccioni” o “choosy” (viziati), come ha fatto qualcuno in passato, dobbiamo agire al più presto perché le nuove generazioni abbiano la libertà e il supporto per scegliere, decidere e intraprendere un percorso di crescita umana e professionale. In un mondo dove lo status economico è strettamente legato al concetto di realizzazione della persona e della società, il nostro Paese non si può permettere di abbandonare un vero e proprio esercito composto da 3 milioni di giovani, che potenzialmente possono rappresentare la spinta propulsiva per l’intera comunità.
In questi giorni ho firmato, insieme al Ministro del Lavoro Andrea Orlando, il decreto di attuazione del piano per far emergere quella fascia di popolazione che si trova in questa condizione.
Per la prima volta in Italia esiste un Piano che permette di avere dati chiari su quella che è una vera e propria piaga sociale del nostro tempo, con l’obiettivo di avviare questi giovani verso l’inserimento lavorativo: un obiettivo sicuramente molto ambizioso, ma, allo stesso tempo raggiungibile.
Per prima cosa, ho deciso di cambiare il paradigma di approccio alla questione negli inattivi. La struttura pubblica centrale, nello specifico il Dipartimento per le Politiche Giovanili della Presidenza del Consiglio, avrà un ruolo centrale di coordinamento, attuato grazie alla collaborazione con i territori. Si tratta di una vera e propria cabina di regia che definirà metodo e percorso. Importante sarà anche la creazione di spazi per i giovani, gli hub di comunità, a cui ho voluto destinare 20 milioni di euro, dei 35 del fondo per le politiche giovanili.
Il piano sarà articolato in 3 fasi, con una prospettiva fino al 2023.
1-Far emergere i NEET: contattare e coinvolgere i giovani inattivi attraverso alleanze tra istituzioni e attori locali; ideare campagne di informazione e sensibilizzazione;
2-Ingaggiare i giovani attraverso l’utilizzo di strumenti più vicini al loro mondo, sfruttando al meglio il digitale, come ad esempio la cosiddetta gamification, la musica, il teatro, lo sport, etc.
3-Attivare e coinvolgere una serie di soggetti responsabili sui territori, tra cui i centri per l’impiego, Garanzia Giovani, le realtà giovanili, e ANCI, attraverso la costituzione di presidi territoriali per catalizzare e attrarre l’attenzione dei giovani NEET.
Il programma Garanzia Giovani, nella sua versione rinforzata secondo le indicazioni del Consiglio UE e del Parlamento Italiano, e gli Sportelli Giovani nei Centri per l’Impiego avranno un ruolo fondamentale nell’attuazione e nella riuscita del piano.
Sarà molto importante anche la comunicazione e l’informazione. Il piano NEET sarà accompagnato da una campagna di sensibilizzazione che promuoverà, nei primi sei mesi di quest’anno, l’organizzazione di un tour informativo in circa dodici centri urbani, proprio nelle città con più alta presenza di giovani in condizione NEET. La chiave di questo piano sarà favorire momenti di incontro tra domanda e offerta.
Un contributo importante sarà dato dall’Agenzia Nazionale Giovani, da ANPAL e dal Ministero del lavoro che, metterà a disposizione i suoi referenti regionali per la promozione del programma Garanzia Giovani.
L’Agenzia Nazionale Giovani indirizzerà i propri sforzi verso i giovani NEET che risiedono nelle aree interne del nostro Paese, attraverso il proprio sito, su cui lancerà una richiesta alle organizzazioni del settore dell’animazione e del lavoro giovanile per realizzare la “Comunità di inclusione”, in modo da connettere i giovani partecipanti ai programmi di mobilità internazionale, promuovendo l’integrazione con il lavoro giovanile in modo più strutturato.
L’ANG fornirà un supporto specifico e costante alle organizzazioni che lavorano con giovani con minori opportunità, anche dopo l’approvazione dei progetti, su come preparare i partecipanti e le famiglie alla mobilità e come accedere a importanti strumenti di sostegno sia metodologico che finanziario.
Sarà necessario, come confermano studi recenti e indagini europee, potenziare le cosiddette competenze trasversali, cioè quelle capacità – come il saper lavorare in squadra, gestire i tempi o mitigare i conflitti – che rendono una persona, al di là del ruolo specifico, una buona risorsa per qualsiasi datore di lavoro. Non a caso si tratta di molto ricercate in Europa dai datori di lavoro, che spesso valutano in egual misura sia le competenze tecniche e specialistiche, sia quelle trasversali.
L’obiettivo è tornare ad essere il “Paese per giovani” che siamo stati agli inizi della Repubblica, perché è oggi che dobbiamo costruire l’Italia del futuro, e lo dobbiamo fare con i giovani.