Con un colpo di mano senza precedenti, la maggioranza di Giorgia Meloni ha affossato la nostra proposta di legge per introdurre il salario minimo a 9 euro l’ora e rafforzare la contrattazione collettiva a prima firma del presidente Giuseppe Conte. L’hanno sostituita con una delega in bianco al Governo che non risolverà nulla ma anzi peggiorerà la situazione, visto che fra le intenzioni di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia c’è anche quella di reintrodurre le “gabbie salariali”, ossia stipendi differenziati in base al costo della vita.
Lo hanno fatto ma non in nostro nome: ieri difatti il presidente Conte e tutti gli altri deputati che avevano messo la loro firma sulla pdl l’hanno ritirata, visto che si tratta dell’ennesimo provvedimento di questa maggioranza contro le lavoratrici e i lavoratori e i loro diritti.
In questi mesi, mentre milioni di persone aspettavano l’approvazione del nostro testo, la stessa maggioranza e il Governo hanno condotto un ignobile balletto. Sono arrivati addirittura a riesumare il Cnel di Brunetta che ha dato non un contributo tecnico ma politico, affermando che in Italia il salario minimo non serve. Certamente non a Brunetta, che non ha problemi ad arrivare a fine mese, ma a milioni di italiani sì.
Questo atto è stato l’“antipasto” alla presentazione di un emendamento in commissione Lavoro, a firma Walter Rizzetto di FdI, con cui, per l’appunto, i partiti di maggioranza hanno cancellato il nostro testo tramutandolo in una legge delega al Governo. In questo modo, non hanno calpestato solo i diritti del M5S e delle altre opposizioni, ma dell’interno Parlamento ormai ridotto a passacarte dei decreti legge della Meloni.
Secondo l’Istat, il salario minimo a 9 euro l’ora comporterebbe un incremento della retribuzione annuale per 3,6 milioni di lavoratrici e lavoratori, che beneficerebbero di un aumento medio annuo di 804 euro. Non solo. Prendendo in considerazione quelli con una retribuzione annua compresa tra 13.550 e 18mila euro, i beneficiari di un salario minimo a 9 euro sarebbero quasi 400mila e tra questi più della metà (53%) avrebbe un aumento superiore a 1.500 euro. A tutto questo la destra di finti “patrioti” si è opposta.
Oggi 6,7 milioni di persone lavorano con il contratto scaduto: in molti casi, dunque, i loro salari sono totalmente insufficienti ad affrontare la quotidianità; non a caso, secondo Eurostat il 63% delle famiglie italiane fatica ad arrivare a fine mese.
Tale dinamica ha un impatto negativo tanto sul presente quanto sul futuro di questi lavoratori, che in questo modo viene pregiudicato. Secondo il Censis, a causa dei bassi salari che percepiscono oggi, 5,7 milioni di giovani precari e working poor rischiano di avere nel 2050 pensioni sotto la soglia di povertà.PerConsiglio nazionale dei giovani ed Eures, invece, gli under 35 andranno in pensione a 74 anni con meno di 1.600 euro lordi: ciò per effetto della crescente precarizzazione e discontinuità lavorativa, associata a retribuzioni basse e mancanza di garanzie sociali.
Contrariamente a ciò che gli esponenti di maggioranza e Governo vanno dicendo, come dimostrano le esperienze degli altri 22 Paesi europei su 27 che lo hanno già adottato il salario minimo non comporta alcun abbassamento degli stipendi né fa crescere la disoccupazione. Anzi, è vero il contrario. Ecco perché la nostra battaglia per dare all’Italia questa misura di dignità proseguirà, dentro e fuori dal Parlamento.