Di Salvatore Giuliano coordinatore Comitato Istruzione Università, cultura e informazione
L’autonomia differenziata e la Scuola
Criticità dell’autonomia differenziata per la scuola.
In linea generale, i profili di estrema delicatezza connessi con l’attuazione dell’Art. 116 relativamente al settore dell’istruzione si possono sintetizzare in:
- Attribuzione delle risorse finanziarie (che potrebbe prevedere la compartecipazione o la riserva di aliquota al gettito o entrambe le opzioni) e depauperamento delle risorse destinate ad altre regioni.
- Attribuzione alla competenza delle regioni di materie collegate alle “norme generali sull’istruzione”. Il sistema nazionale di istruzione e formazione, nel caso le “norme generali” fossero assegnate in parte alle Regioni, verrebbe ridotto a sistema regionale di istruzione e formazione facendo venir meno l’unità del sistema nazionale di istruzione.
La devoluzione di tale materia, infatti, comporterebbe il venir meno delle garanzie – tutelate dall’art. 3 della Costituzione – di uguaglianza ed equità, tanto nell’accesso quanto nell’effettiva realizzazione del diritto allo studio sul territorio nazionale anche in ordine alla capacità della Repubblica di rimuovere gli ostacoli all’effettivo esercizio dei diritti.
Anche l’eventuale individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni (che vien spesso indicata come soluzione a questo problema) non tutelerebbe da questo pericolo poiché questi (essendo appunto livelli essenziali), per definizione, assicurano esclusivamente l’accesso ai servizi su un piano di uguaglianza formale ma non garantiscono il principio fondamentale del pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva rimozione degli ostacoli (uguaglianza sostanziale), principio fondante della Repubblica
- riduzione delle risorse per il settore istruzione delle regioni del sud (diritto allo studio, organico potenziamento, edilizia, fondi per il funzionamento)
- gravissima sarebbe anche la devoluzione della gestione dei ruoli e del personale: si avrebbe una regionalizzazione dei ruoli del personale della scuola con conseguenze sulle modalità di reclutamento, statuto giuridico, prerogative contrattuali e salariali, trasferimenti ecc.
- violazione dell’autonomia costituzionalmente garantita delle istituzioni scolastiche per quanto attiene a scelte e materie di competenza delle stesse
- interventi sugli ordinamenti nazionali dei percorsi di studio.
I profili di disgregazione della necessaria unitarietà del sistema nazionale di istruzione
Si deve segnalare come l’intervento su una serie di materie che attengono alle norme generali sull’istruzione, sia stato valutato nel tempo dalla Corte Costituzionale.
La sentenza della Corte Costituzionale n. 200 del 2009, che si ricollega ad una serie di sentenze risalenti già al 2004 – le quali hanno chiarito la differenza esistente tra le norme generali sull’istruzione, riservate alla competenza generale dello Stato ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera n), Cost. e i principi fondamentali della materia istruzione, che l’articolo 117, terzo comma, Cost. devolve alla competenza legislativa concorrente – così definisce le “norme generali sull’istruzione”:
quelle disposizioni statali che definiscono la struttura portante del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di essere applicate in modo necessariamente unitario e uniforme in tutto il territorio nazionale, assicurando, mediante una offerta formativa omogenea, la sostanziale parità di trattamento tra gli utenti che fruiscono del servizio dell’istruzione (interesse primario di rilievo costituzionale), nonché la libertà di istituire scuole e la parità tra le scuole statali e non statali.
Al riguardo la Corte afferma la necessaria unità del Sistema nazionale di istruzione:
In definitiva, deve ritenersi che il sistema generale dell’istruzione, per sua stessa natura, riveste carattere nazionale, non essendo ipotizzabile che esso si fondi su una autonoma iniziativa legislativa delle Regioni, limitata solo dall’osservanza dei principi fondamentali fissati dallo Stato, con inevitabili differenziazioni che in nessun caso potrebbero essere giustificabili sul piano della stessa logica. Si tratta, dunque, di conciliare, da un lato, basilari esigenze di “uniformità” di disciplina della materia su tutto il territorio nazionale, e, dall’altro, esigenze autonomistiche che, sul piano locale-territoriale, possono trovare soddisfazione mediante l’esercizio di scelte programmatiche e gestionali rilevanti soltanto nell’ambito del territorio di ciascuna Regione.
La medesima sentenza, inoltre definisce le caratteristiche basilari del sistema scolastico, desumibili dagli artt. 33 e 34 della Costituzione:
Sul punto deve, invero, rilevarsi come il legislatore costituzionale abbia inteso individuare già negli artt. 33 e 34 della Costituzione le caratteristiche basilari del sistema scolastico, relative: a) alla istituzione di scuole per tutti gli ordini e gradi (art. 33, secondo comma, Cost.); b) al diritto di enti e privati di istituire scuole e istituti di educazione, senza oneri per lo Stato (art. 33, terzo comma, Cost.); c) alla parità tra scuole statali e non statali sotto gli aspetti della loro piena libertà e dell’uguale trattamento degli alunni (art. 33, quarto comma, Cost.); d) alla necessità di un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuola o per la conclusione di essi (art. 33, quinto comma, Cost.); e) all’apertura delle scuola a tutti (art. 34, primo comma, Cost.); f) alla obbligatorietà e gratuità dell’istruzione inferiore (art. 34, secondo comma, Cost.); g) al diritto degli alunni capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, di raggiungere i gradi più alti degli studi (art. 34, terzo comma, Cost.); h) alla necessità di rendere effettivo quest’ultimo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie e altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso (art. 34, quarto comma, Cost.).
Dalla lettura del complesso delle riportate disposizioni costituzionali si ricava, dunque, una chiara definizione vincolante – ma ovviamente non tassativa – degli ambiti riconducibili al “concetto” di “norme generali sull’istruzione”. In altri termini, il legislatore costituzionale ha assegnato alle prescrizioni contenute nei citati artt. 33 e 34 valenza necessariamente generale ed unitaria che identifica un ambito di competenza esclusivamente statale
In questo contesto si colloca l’art. 117, secondo comma, Cost. lettera n), Cost., nel testo novellato dalla riforma del titolo V della parte seconda, che, utilizzando la medesima locuzione “norme generali sull’istruzione”, stabilisce che titolare esclusivo della relativa potestà legislativa è lo Stato, in tal modo precisando il riferimento alla “Repubblica” contenuto nel citato art. 33, secondo comma, Cost. Inoltre, lo stesso art. 117, terzo comma, Cost., attribuisce la materia dell’istruzione, «salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale», alla potestà legislativa concorrente.
Possibili profili di incostituzionalità con particolare riferimento alla gestione del personale
Si deve inoltre segnalare che, per quanto attiene al sistema scolastico, l’applicazione dell’art. 116 della Costituzione, deve essere attentamente valutata anche in ragione dei possibili profili di incostituzionalità là dove si volesse proporre una qualche regionalizzazione dei ruoli del personale scolastico che con tutta evidenza rientrerebbe nell’” ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali”, materia esclusa dalla previsione dell’art. 116.
La regionalizzazione di “norme generali sull’istruzione” devolvendo alle Regioni materie relative alla disciplina dell’organizzazione del sistema educativo desta particolare preoccupazione circa la tenuta nazionale del sistema, poiché andrebbe a costituire, di fatto, sistemi di istruzione differenziati e non comparabili e facendo venir meno quanto, nell’immaginario comune relativo all’istruzione, è da sempre considerato unitario, caratterizzante la Repubblica, l’unità nazionale, l’eguaglianza delle opportunità e dei diritti.