Le ragioni del NO all’autonomia differenziata

Di Alfonso Colucci, coordinatore Comitato Istituzioni e Coesione territoriale

Qual è il nucleo dell’autonomia differenziata? Che ciascuna Regione finanzia i servizi che eroga ai propri cittadini mediante le tasse prodotte nel proprio territorio, è il cosiddetto “residuo fiscale”. Che cosa vuol dire? Che le Regioni in cui si pagano più tasse, quindi quelle con più ricchezza e benessere, potranno erogare servizi ai propri cittadini di qualità maggiore, mentre le Regioni che hanno minor residuo fiscale potranno erogare ai propri cittadini servizi peggiori. Stiamo parlando di Sanità, di Istruzione, di Lavoro, di Trasporti, di Ambiente, ad esempio, di tutti i fondamentali diritti civili e sociali: è la vita quotidiana di ciascuno di noi. È gravissimo stabilire che per legge avremo diritti differenziati in base alla Regione di residenza. È gravissimo perché le Regioni di serie A rimarranno in A mentre le Regioni di serie B sono destinate a rimanere in B o a retrocedere in C. Questo è il contrario del concetto di solidarietà che costituisce il cuore della nostra Costituzione, che impone la perequazione. Cos’è la perequazione? È l’obbligo dello Stato di intervenire, mettendoci i soldi, a favore delle aree territoriali più svantaggiate per colmare i divari nell’erogazione dei servizi essenziali. Ma sapete quanti soldi ci hanno messo nell’autonomia differenziata? Zero. Nella legge Calderoli c’è scritto che l’autonomia differenziata avviene ad invarianza di bilancio. Ed allora, addio alla perequazione e alla solidarietà, addio ai fondamentali diritti civili e sociali, addio al principio di eguaglianza sancito dalla nostra Costituzione!

Questo è il progetto del Grande Nord della Lega. Un progetto che danneggia il Sud ma che è dannoso anche per lo stesso Nord. Salvini dice: i soldi del Nord restano al Nord. Ma la ricetta è sbagliata: l’autonomia differenziata non solo non aiuterà gli imprenditori del settentrione, ma addirittura li affosserà. Per crescere, gli imprenditori hanno bisogno di aumentare la propria competitività. E per ottenerla hanno bisogno di uno Stato che possa attuare politiche pubbliche di bilancio espansive, politiche industriali strutturate a livello nazionale ed europeo, che sappia promuovere politiche europee che impediscano la competizione sleale dei mercati a danno degli imprenditori italiani. Oggi le imprese italiane sono penalizzate dal dover concorrere con imprese estere che offrono prodotti e servizi a prezzo più basso non perché più brave ma perché operano in regimi fiscali più vantaggiosi o in Paesi con un welfare sociale più basso, o perché non rispettano l’ambiente. E tutte queste politiche, secondo voi, dove si fanno? A Venezia con Zaia, a Milano con Fontana? Certo che no! Si fanno a Roma e in Europa.

Ma il Governo Meloni non riesce a imporsi in Europa e quindi scarica questa sua incapacità sulle Regioni, con l’autonomia differenziata, mettendo le Regioni l’una contro l’altra, i cittadini gli uni contro gli altri. È la fine dello Stato unitario; è il contrario della nostra Costituzione. Ma voi pensate che i miliardi del PNRR portati in Italia da Conte li avrebbero potuti portare Zaia e Fontana da Presidenti di Regione?

Un’indagine economica di Banca d’Italia ha dimostrato che l’aumento di 1 Euro di PIL al Sud produce un incremento del PIL del Centro-Nord di 40 centesimi e che l’aumento della spesa per consumi nel Sud determina l’incremento della produzione del Centro- Nord di 51,80 Euro; nel periodo del boom economico, gli anni ‘60, con le politiche di sviluppo per il Mezzogiorno, per ogni 100 lire investite al Sud, 40 ritornavano al Nord. Ed infatti, il maggior mercato del Nord produttivo è il Sud. Questo significa che l’Italia è un sistema unico integrato: un Sud povero danneggia anche il Nord, un sistema-paese fragile e frammentato danneggia tutti. Con l’autonomia differenziata potremmo avere 20 Regioni autonome con 20 ordinamenti giuridici diversi su ben 23 materie e 500 funzioni amministrative autonome e differenziate, è l’esplosione della burocrazia e della complicazione, il contrario della semplificazione di cui i cittadini e le imprese hanno bisogno. Chi vorrà più investire in Italia? Con questa frammentazione è pensabile avere efficaci politiche nazionali industriali, ambientali, energetiche, dei trasporti? Possiamo pensare che il Molise, per fare un semplice esempio, possa svolgere una politica energetica autonoma efficace?

Immaginiamo che venga regionalizzata l’istruzione: vorrà dire che ciascuna Regione potrà definire il proprio programma scolastico oltre che stipulare un contratto diverso con i propri insegnanti e formarli in modo differenziato. Immaginiamo che Presidente di una Regione d’Italia diventi il signor Vannacci, o chi è come lui, il quale stabilisca che i bambini diversamente abili devono essere collocati in classi separate rispetto ai bambini abili. Ecco questo sarebbe possibile con l’Autonomia Differenziata.

Tutti insieme dobbiamo difendere i valori del Tricolore e la nostra cara Costituzione, dobbiamo combattere per l’unità della nostra Repubblica e per l’uguaglianza di tutti i cittadini, ovunque siano nati e ovunque vivano. 

Dobbiamo avversare in modo deciso la legge sull’autonomia differenziata: dopo le aspre lotte da noi sostenute in Parlamento occorre che la voce passi ora ai cittadini col referendum abrogativo: è indispensabile una mobilitazione civile di massa per dire tutti insieme un deciso NO all’autonomia differenziata.

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