Il Movimento 5 stelle ha aderito convintamente allo sciopero di oggi, 18 ottobre, organizzato dai lavoratori, per protestare contro l’assenza di azioni concrete da parte di Stellantis per far fronte alla crisi che colpisce il settore automotive.
Inoltre, sulla scorta della mozione parlamentare a prima firma Chiara Appendino, il Movimento con i suoi consiglieri sta depositando mozioni a livello regionale per far si ché anche i presidenti di regione prendano posizione e sollecitino il governo Meloni a prendere provvedimenti concreti per la tutela dei lavoratori e dei posti di lavoro nel settore automobilistico. In pochissimi giorni la mozione è stata depositata in Piemonte, Molise, Lazio, Emilia-Romagna, Toscana, Abruzzo, Puglia, mentre in Campania già era stata presentata e approvata a settembre.
Un dato su cui riflettere è che dal 1975 al 2012, la Fiat ha ricevuto 220 miliardi di euro dallo Stato italiano per cassa integrazione, sussidi e sviluppo industriale. Tuttavia, i risultati sono stati deludenti. Nonostante queste difficoltà nel nostro paese, Stellantis ha chiuso il 2023 con un utile netto di 18,6 miliardi di euro a livello mondiale, evidenziando uno squilibrio tra i profitti globali del gruppo e la crisi occupazionale in Italia.
Exor, la holding della famiglia Elkann (che detiene il 14 per cento delle azioni di Stellantis) ha incassato per il 2023 circa 700 milioni di euro di dividendi, contro i 140 milioni di euro del 2020. Tavares, amministratore delegato di Stellantis, nel 2023 ha percepito 23 milioni di euro, pari alla retribuzione di 12.000 dipendenti, mentre le lavoratrici e i lavoratori da tanti anni sono interessati da un massiccio utilizzo di cassa integrazione con incertezze sulla tenuta occupazionale e una significativa decurtazione del salario.
È evidente come questi guadagni contrastano fortemente con la situazione dei dipendenti, che da anni subiscono un massiccio ricorso alla cassa integrazione, affrontano incertezze sul futuro occupazionale e vedono i propri salari significativamente ridotti. Mentre gli azionisti e i vertici aziendali beneficiano di profitti crescenti, i lavoratori continuano a pagare il prezzo della crisi e della mancanza di investimenti concreti per garantire la stabilità occupazionale.
Occorre costruire una strategia di lungo termine che metta al centro la difesa dei posti di lavoro, la competitività della filiera produttiva e una reale transizione verso l’innovazione tecnologica. Come più volte rimarcato, l’assenza di un piano industriale nazionale rischia di mettere a repentaglio la capacità del nostro Paese di mantenere una posizione competitiva nel mercato automobilistico globale.
Inoltre, la politica industriale deve essere accompagnata da un coordinamento efficace tra le istituzioni nazionali, regionali e le parti sociali, per garantire che le decisioni prese a livello centrale siano effettivamente implementate sul territorio. Solo attraverso un impegno condiviso sarà possibile evitare ulteriori chiusure di stabilimenti e scongiurare il rischio di perdere competenze chiave e know-how produttivo che hanno contribuito a fare dell’Italia un punto di riferimento nel settore automotive.