Giuseppe Conte non è una persona gradita a un certo sistema di potere politico ed economico e di conseguenza per tanti settori della nostra informazione. Purtroppo non è una novità, purtroppo non ci stupisce. Le sue decisioni contro i privilegi di pochi e a favore degli interessi di molti hanno pestato tanti piedi, senza mai fermare il suo ostinato percorso politico per cambiare l’Italia, senza intaccare il suo apprezzamento fra le persone. Qualcosa di inaccettabile per chi vuole che nulla in cambi nel nostro Paese, per chi pensa che non debbano esserci voci in qualche modo dissonanti rispetto al racconto mainstream.
Così oggi un altro schizzo di fango arriva direttamente dal quotidiano La Repubblica, che confeziona in prima pagina un presunto “scoop” sul nulla, gettando ombre su una vicenda – quella della visita di Barr in Italia – che Giuseppe Conte aveva già chiarito da Presidente del Consiglio davanti ai cittadini e davanti agli organi parlamentari preposti, scacciando sospetti e illazioni strumentali. Accuse e giudizi infamanti rilanciate puntualmente da Renzi e dal suo fan club, campioni della disciplina del lancio del sasso per poi nascondersi quando si tratta di andare a dire la verità nelle sedi opportune, con trasparenza.
Ormai è quotidiana la corsa a una spy-story che possa avere come protagonista Conte per creare sospetti su qualsiasi cosa lo riguardi, senza il supporto di uno straccio di fatto. Anche a costo di collezionare pagine su pagine di sospetti o giudizi personali in libertà, livore, accuse infamanti. E sacrificare spazi di informazione dedicati alle reali difficoltà quotidiane di persone, lavoratori, giovani e imprese.
In realtà è la solita storia: fango su chi vuole dar voce a chi non ne ha da parte di chi dà voce sempre agli stessi interessi.
Qui di seguito il post del Presidente Conte in risposta alle illazioni del quotidiano “La Repubblica”
Dopo gli articoli dell’edizione odierna di Repubblica, mi trovo nuovamente costretto a ripetere ciò che in totale trasparenza ho già più volte chiarito davanti agli organi preposti e davanti ai cittadini.
1) Non ho mai personalmente incontrato l’allora Attorney General degli Stati Uniti, Bill Barr, nel corso delle sue visite in Italia, né nel corso di incontri formali né nel corso di incontri conviviali.
2) Il fatto che dopo la riunione ufficiale del 15 agosto 2019 avvenuta nella sede della nostra Intelligence, a Roma in piazza Dante, si sia tenuta una cena la sera stessa tra la delegazione americana e l’allora Direttore del Dis Vecchione è circostanza di cui non ero specificamente a conoscenza. Se però la cena si è tenuta in un noto ristorante nel centro storico di Roma immagino sia stata motivata da cortesia istituzionale, piuttosto che dalla necessità di avere uno scambio riservato di informazioni. Per completezza, preciso che non mi sono mai state riferite neppure altre cene o pranzi che i nostri vertici dell’intelligence hanno avuto con altri rappresentanti di governi esteri.
3) Confermo di avere riferito, a suo tempo, correttamente e doverosamente, tutte le informazioni in mio possesso riguardanti questa vicenda al Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica.
4) Il sig. Barr, all’epoca dei fatti, non era solo Attorney general ma anche Responsabile delle attività dell’FBI che riguardano la sicurezza nazionale (l’FBI svolge, infatti, attività di intelligence civile e, in particolare, di controspionaggio) e fece pervenire la sua richiesta di informazioni non a me direttamente, ma tramite i nostri canali diplomatici ufficiali, in particolare attraverso il nostro ambasciatore negli Stati Uniti.
5) La sua richiesta non ha avuto a oggetto una ipotesi di cooperazione giudiziaria per cui sarebbe stato improprio indirizzarla al nostro Ministro di giustizia.
6) Credo non sia mai successo nella storia del nostro Paese che a una richiesta di informativa degli Usa attinente al piano dell’intelligence, le nostre Istituzioni abbiano risposto con un rifiuto preventivo di collaborare e, addirittura, di incontrare gli alti rappresentanti degli Stati Uniti. Chi ipotizza uno scenario del genere è in malafede o semplicemente non sa di cosa sta parlando.
7) Improprio sarebbe stato incontrare i rappresentanti degli Stati Uniti mettendo a disposizione i nostri archivi o consentendo loro di acquisire in modo indiscriminato informazioni. Proprio per questo, dopo un primo incontro in cui il sig. Barr ha esposto le sue richieste ed è stato definito il perimetro della collaborazione, vi è stato un secondo incontro, con tutti i vertici delle nostre tre Agenzie, in cui è avvenuto il confronto oggetto del colloquio, senza consegna di documenti.
8 ) Collegare la richiesta di informazioni di Barr alla vicenda della formazione del Governo Conte II è una illazione in malafede, visto che la richiesta di Barr risale al giugno 2019, mentre la crisi del Governo Conte I risale all’8 agosto 2019.
9) Anche il famoso tweet del presidente Trump, del 27 agosto 2019, che espresse apprezzamento per il mio operato come premier, non ha alcun collegamento con questa vicenda, considerato che la richiesta di Barr risale al giugno precedente e che questa richiesta e i suoi contenuti non sono mai stato oggetto di scambi o confronti tra me e l’allora presidente Trump.
Le allusioni del quotidiano avrebbero trovato risposta immediata da parte mia se solo mi fossero state poste delle domande, alle quali come sempre non mi sarei sottratto. Invece si è preferito alimentare sospetti infondati, sbattendo il mio nome in prima pagina, corredando il tutto con un articolo di Bonini che contiene giudizi palesemente denigratori e che mi accusa, in modo del tutto slegato dai fatti, di avere barattato un vantaggio personale con lo scambio di informazioni. A Bonini, che mette in discussione il mio operato come Presidente del Consiglio e la mia “cultura della sicurezza nazionale”, replico semplicemente che se lui, nello scrivere il suo articolo, avesse dimostrato una sia pur minima “cultura della deontologia professionale” non si sarebbe mai permesso di scrivere queste infamità.
Un’ultima notazione. Bonini nel suo pezzo afferma che mi sarei prestato ad attività ostili nei confronti di Renzi. E, infatti, puntualmente Renzi e alcuni suoi solerti compagni di partito si sono immediatamente avventati sul “clamoroso scoop” di Repubblica per rilanciare quei medesimi sospetti che, a suo tempo, furono invocati per giustificare il ritiro del sostegno al Governo Conte II.
È passato ormai più di un anno da quegli eventi. Siamo fuori dalla cronaca più immediata. Ci sono le condizioni per valutazioni più serene e oggettive. Mi chiedo: è possibile che il senatore Renzi non abbia mai sentito il dovere, in tutto questo tempo, di andare a riferire al Copasir su questi suoi sospetti? Perché non va, come sempre ho fatto io, a riferire quel che sa? Cosa teme, di dover poi rispondere alle domande dei componenti del Copasir e di essere obbligato, per legge, a riferire tutta la verità?