Sulla proposta per la “settimana corta” la destra eviti giochi e sotterfugi

Oggi alla Camera riprenderà l’esame della nostra proposta di legge per la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario.

L’obiettivo è avviare una sperimentazione per portare da 40 a 32 le ore di lavoro settimanali, senza perdita di stipendio per i lavoratori. Ciò nell’alveo della contrattazione collettiva e garantendo alle imprese coinvolte un sistema di esoneri contributivi crescenti (dal 30 al 60%).  

La destra eviti giochi e sotterfugi, com’è avvenuto per la pdl sul salario minimo e per quella del presidente Conte sul conflitto di interessi, trasformate in deleghe in bianco al Governo al fine di buttare la palla in tribuna. La cosiddetta “settimana corta” è già realtà in molti Paesi del mondo, dove ha dimostrato di avere effetti benefici sia per i lavoratori sia per le imprese. Di recente anche la Spagna, ultima in ordine di tempo, ha scelto di imboccare questa strada.

Quella che proponiamo è una misura che gode dell’apprezzamento di 8 italiani su dieci, i quali chiedono, in primis, più tempo da dedicare ai propri affetti. Lavorare di più, spesso, non è sinonimo di maggiore produttività. Secondo le stime dell’Ocse, in epoca pre-pandemia l’orario medio di lavoro in Italia risultava tra i più alti dell’Eurozona dopo la Grecia e l’Estonia, anche se questo non si è accompagnato a una crescita dei livelli della produttività, né dei salari. Precedentemente allo scoppio del Covid-19, infatti, nel nostro Paese gli occupati lavoravano in media 1.719 ore l’anno, 358,6 ore in più di quelli tedeschi (1.360,4) e 196,5 in più dei francesi (1.522,5). Malgrado ciò, la produttività e i salari non hanno visto un andamento verso l’alto. Anzi.

Quanto alla prima, da noi nell’intero periodo 1995-2020 la produttività del lavoro ha registrato una crescita media annua dello 0,4% contro una media Ue-27 del +1,5%; in Francia e Germania, la produttività oraria è cresciuta negli ultimi due decenni di pari passo con una riduzione dell’orario medio di lavoro per occupato. Altresì, rispetto agli stipendi medi annuali l’Italia è stato l’unico Paese dell’area Ocse in cui, fra il 1990 e il 2020, gli stessi sono diminuiti (-2,9%) mentre nei due suddetti casi hanno segnato – rispettivamente – un +33,7% e un +31,1%.

È bene ricordare che nel 2020, con il “decreto Rilancio”, grazie alla nostra ex ministra del Lavoro Nunzia Catalfo il governo Conte II creò una prima misura tesa a ridurre l’orario di lavoro a parità di salario. Stiamo palando del Fondo Nuove Competenze, strumento di politica attiva del lavoro che permette alle imprese di aggiornare e sviluppare le skills dei lavoratori, destinando (grazie ai contributi dello Stato e del Fondo sociale europeo) parte dell’orario di lavoro alla formazione. Questo strumento è stato estremamente apprezzato dal mondo industriale: solo nel primo anno di operatività, il Fondo ha coinvolto 14.500 aziende di piccole, medie e grandi dimensioni, per un totale di 720mila lavoratori che hanno svolto 95 milioni di ore di formazione.

La “settimana corta” porta numerosi benefici per i lavoratori, perché un giorno di pausa supplementare offre loro la possibilità di recuperare completamente le forze, il che implica meno giorni di assenza per malattia; per le imprese, perché aumenta la soddisfazione dei dipendenti e, di conseguenza, anche la loro produttività; per l’ambiente, per via dei minori consumi di carburante da parte dei lavoratori e di una diminuzione dei costi dell’energia per le imprese.

Dunque, se FdI, Lega e Forza Italia hanno veramente a cuore le sorti dei cittadini non gli resta che votarla, facendo fare al Paese un salto nel futuro e non l’ennesimo ritorno al passato.