Sapete ogni anno quanta acqua si consuma in Italia? 26 miliardi di metri cubi, tra agricoltura, industrie e usi civili. E sapete quanta se ne spreca? Tanta da poter soddisfare il fabbisogno di 43 milioni di persone. Praticamente quasi un’altra Italia!
È vero che rispetto al passato c’è una maggiore consapevolezza su queste problematiche grazie all’attività di sensibilizzazione verso l’adozione di comportamenti virtuosi per ridurre gli sprechi. Ma se oggi dobbiamo fare i conti con una risorsa in sofferenza, è perché i problemi veri sono altri, e non imputabili solo a comportamenti non virtuosi.
Innanzi tutto in Italia abbiamo delle reti di distribuzione colabrodo: circa un quarto ha più di 50 anni, il 60% esiste da più di 30. Infrastrutture così vecchie che ogni anno ci fanno perdere il 42% dell’acqua potabile. Troppa per un Paese che deve fare i conti anche con una grave e persistente siccità.
Quella che riesce a finire nel bicchiere, poi, spesso è contaminata da inquinanti chimici che mettono a serio rischio la nostra salute. I PFAS sono una famiglia di composti chimici ultra-tossici, conosciuti anche come inquinanti eterni e artefici di un vero e proprio disastro ambientale, con pesanti conseguenze a livello planetario. L’Italia è tra i Paesi più esposti a questa grave situazione di inquinamento, con il Veneto zona rossa d’Italia e importanti criticità rilevate anche in Lombardia e Piemonte. Il nostro Paese ha recepito la normativa europea su di essi solo quest’anno, e i limiti delle nuove norme saranno effettivi soltanto negli anni a venire. L’esposizione prolungata ai PFAS si paga cara, con insorgenza di tumori, malattie metaboliche, infertilità maschile e interferenze con la salute riproduttiva delle donne.
Ad aggravare la situazione, lo accennavamo poco sopra, c’è anche una siccità che da fenomeno emergenziale, è ormai diventata strutturale. Lo scorso anno abbiamo iniziato a parlare di emergenza siccità a febbraio. Quest’anno, già nei primi giorni di gennaio l’Anbi lanciava l’allarme, con zone della penisola in crisi idrica, tra invasi a livelli d’emergenza rossa e inizio dei razionamenti.
Nonostante questi fattori siano ormai ben noti e documentati, dal Governo ancora non abbiamo ricevuto alcuna soluzione: zero risposte concrete, zero interventi mirati.
Era un anno fa quando chiedevamo al Governo di non essere miope e disorganizzato nella gestione di una risorsa così fondamentale per l’ambiente e la salute umana, e di promuovere politiche intersettoriali sulla gestione della quantità e della qualità dell’acqua per accrescere la resilienza dei sistemi di approvvigionamento idrico, di trattamento, di stoccaggio e di trasporto. Chiedevamo al Governo di assicurare equilibrio al bilancio idrico, per non ritrovarsi a gestire le crisi idriche solo dopo stati emergenziali.
La risposta del Governo è stata l’istituzione di una cabina di regia, che ancora non è chiaro quali interventi abbia fatto fino ad oggi, e un commissario straordinario per l’emergenza idrica: scelte definite persino da alcuni membri della maggioranza stessa un “fallimento della politica”.
Eppure si può fare tanto per limitare gli sprechi, i consumi e le fonti che inquinano l’acqua.
Innanzi tutto intervenire subito sulle infrastrutture per ridurre le perdite. Poi investire nella raccolta e nello stoccaggio delle acque piovane, per non disperdere nulla e ottimizzare l’acqua a disposizione. Servono interventi immediati, inoltre, per monitorare la qualità delle acque perché non possiamo continuare a bere e mangiare veleno. L’acqua è un bene pubblico, è la risorsa che garantisce la vita in tutto il pianeta. Oltre a rafforzarne la resilienza contro gli eventi meteorologici estremi, si dovrebbe perseguire una gestione integrata e circolare delle risorse idriche, che includa anche il recupero delle acque reflue: nel settore agricolo, ad esempio, il riutilizzo delle acque reflue depurate ha un potenziale rilevante, quantificabile in 9 miliardi di metri cubi all’anno, sfruttato ancora troppo poco. È necessario anche ridurre le concessioni idriche, soprattutto nelle aree in cui la crisi idrica è critica.
In parole semplici, chiedevamo al Governo di non ritrovarsi a gestire le crisi idriche solo dopo stati emergenziali. Purtroppo, però, “grazie” a questo governo, oggi “festeggiamo” la giornata mondiale dell’acqua solo a suon di slogan, ma i fatti stanno a zero. E su questo non abbiamo la minima intenzione di lasciar correre.