Il governo Meloni vuole fare cassa tagliando centinaia di scuole da qui ai prossimi anni. Sembra uno scherzo, ma è scritto nero su bianco nella legge di bilancio, dove si parla esplicitamente di “riduzione graduale del numero di istituzioni scolastiche”. Eppure fu proprio la stessa Giorgia Meloni, mentre nel pieno della pandemia il governo Conte destinava ben 10 miliardi alle scuole solo per fronteggiare l’emergenza, a dire che era necessaria una “rivoluzione culturale” che mettesse “la valorizzazione della scuola e la centralità dell’educazione in testa alle priorità dello Stato e della politica”. Parole destinate a foraggiare una propaganda puntualmente smentita alla prova dei fatti. Oggi infatti proprio il suo governo fa cadere la mannaia sulla scuola pubblica italiana, in piena continuità con la tradizione dei governi di Destra, che tagliarono 8 miliardi ai tempi della famigerata riforma Gelmini.
La prima legge di bilancio di questo governo, nel capitolo che riguarda la scuola dice che in assenza di un accordo tra Stato e regioni sulla organizzazione delle reti scolastiche il governo emanerà un decreto in cui, fatte salve alcune specificità territoriali, punterà alla riduzione del numero delle istituzioni scolastiche, con centinaia di scuole in meno sul territorio da qui ai prossimi anni, soprattutto al Sud. Il messaggio che si manda al Paese è devastante: sarebbero tantissimi i piccoli centri o i quartieri delle città privati di una infrastruttura essenziale e di un presidio democratico come quello scolastico. Meno istituti significa minore accessibilità, sfilacciamento del tessuto di comunità sui territori, maggiori spese per le famiglie. E questo a sua volta determinerà il rischio concreto che la dispersione scolastica, che già in Italia – e al Sud in particolare – supera la media europea, si aggravi ulteriormente.
Quello sulla scuola è solo uno dei capitoli più bui di questa manovra. Un testo piegato a logiche di austerità, privo di coraggio e senza le misure sociali e di sostegno a famiglie e imprese di cui il Paese avrebbe bisogno. I tagli sono ovunque: ben 6 miliardi in meno per la rivalutazione delle pensioni, demolito il Reddito di cittadinanza, ridotti gli aiuti sul caro benzina e, per l’appunto, addirittura taglio del numero delle scuole. È gravissimo poi che a fronte di tutto questo il governo voglia per di più accelerare sulle spese militari per raggiungere quanto prima il 2% del Pil. Più soldi per le armi e meno alla scuola: questa l’assurda ricetta di questo governo.
Il Movimento 5 Stelle si opporrà in ogni modo a tutto questo. La scuola è la principale infrastruttura democratica del Paese, il più importante strumento di lotta alle disuguaglianze. Tagliare sulla scuola significa tagliare sulla democrazia. Porteremo forte un messaggio a questo governo: non si fa cassa ai danni della scuola pubblica italiana.