Di Andrea Cioffi
La proposta di un fondo comune dell’UE per la transizione energetica (Energy Recovery Fund) è inquadrabile come la migliore strategia per fare dell’UE un attore realmente competitivo nella contrapposizione tra il blocco asiatico e quello americano. Si parla tanto di autonomia strategica dell’UE ma qual è il reale interesse dei Paesi dell’Unione? Come ed in che modo è possibile avere un beneficio per i cittadini in una visione strategica di medio e lungo periodo? Parliamo di gas metano.
L’analisi dei dati evidenzia che gli utili che Gazprom ha avuto nel 2021 dalla vendita di gas ammontano a circa 55 miliardi di dollari nel 2021. Il 20% del gas è venduto ai paesi asiatici e l’80% si dirige verso quelli europei.
Il PIL della Russia nel 2021 è stato pari a 1650 miliardi di dollari (mld US$). Il debito pubblico della Russia ammonta a 295 mld US$ ovvero il 18% del PIL. Questo ne fa uno degli Stati meno indebitati al mondo. Come termine di paragone possiamo usare (base 2020), il Giappone (234%), gli USA (79%), la Germania (64%) e la Cina (47%). Le riserve in valuta estera ed oro ammontano a 630 mld US $ di cui 132 in oro.
Le emissioni di debito domiciliate in Russia valgono 155 mld US$ di cui il 60% sono debito sovrano. Il rimborso in valuta estera è cosi rappresentato: 2,09 mld US$ nel 2022, 3,27 mld US$ nel 2023, 0,46 mld US$ nel 2024 1,16 mld US$ + 1,9 mld € nel 2025 e 4,12 mld US$ + 2,12 mld $ taiwanesi nel 2026. L’esposizione in valuta estera risulta quindi contenuta per i prossimi anni.
I dati sopraelencati fanno capire come il blocco delle importazioni di gas dalla Federazione Russa non comporta un vero danno per la stessa. Se pure si fermasse il flusso verso l’Europa, i 45 mld US$ di mancato utile per Gazprom farebbero solo lievitare il debito necessario a coprire le mancate entrate, del 2,3 % del PIL. Senza considerare che essendo i contratti di tipo take-or-pay una parte del gas andrebbe comunque pagato anche se non ritirato.
Oltretutto il recente accordo per la realizzazione del gasdotto Soyuz Vostok che attraversando la Mongolia arriverà direttamente a Pechino, offre alla Federazione Russa un ulteriore bacino di sbocco. Questo gasdotto si affiancherà al Power of Siberia ed all’Altai già in esercizio. La fame di gas cinese è tanta. Nel 2021 la domanda interna ha raggiunto i 340 mld di mc/anno. Solo nel 2005 ne utilizzava 50 tutti provenienti dai giacimenti interni. Le previsioni del governo cinese sono di arrivare a 600 mld mc/anno nel 2030. Senza contare la futura domanda di gas dell’India che al 2019 soddisfaceva la sua domanda di energia primaria per il 45% con il carbone. Dai 63 mld mc/anno del 2019 si prevede un valore di 200 mld mc/anno al 2040.
Non c’è quindi per la Russia un problema di domanda da soddisfare visto che nel 2021 ai paesi europei sono stati forniti 155 mld di mc/anno (142 via tubo e 13 via nave).
Al netto delle considerazioni politiche sull’invasione della Russia nei confronti dell’Ucraina che non possono che vederci in una posizione di totale condanna, quando parliamo di sanzioni e dell’efficacia delle stesse nel colpire l’economia della Federazione Russa si evince come la mancata importazione del gas non ha un effetto realmente deterrente. Gli effetti negativi sono più per l’Europa che per loro. I paesi europei se vogliono difendere i loro interessi devono essere in grado di tendere ad una reale autonomia energetica.
Gli USA sono ad oggi il più grande produttore del mondo di shale gas (derivante da fratturazione idraulica con un processo altamente inquinante). L’Energy Information administration prevede che nel 2022 gli USA produrranno 760 miliardi di metri cubi. Negli USA il prezzo è fissato dall’indice Henry hub. La media di marzo 2022 è stata di 4,9 $ per MMbtu che corrisponde a 0,16 € per Standard metro cubo (Smc). Un valore comparabile a quello del prezzo in Europa di un anno fa. Il prezzo medio in UE (TTF) di marzo 2022 è stato invece di 1,342 € per Smc. Il problema è che il gas si muove via nave e il costo per i compratori europei è del 50% più alto rispetto a quello russo che giunge via tubo. Sempre che non si usino intermediari nel qual caso i costi aumentano a dismisura. I grandi intermediari come le olandesi Shell e Vitol e la svizzero-olandese Trafigura (sede fiscale in Olanda) hanno utili enormi comprando negli USA e rivendendo in UE a prezzi fino a cinque volte superiori quelli del gas russo.
Tutti questi dati mi portano a ragionare su quale sia l’interesse dei Paesi europei. Le strade sono connesse ad una diversificazione delle forniture nell’immediato, ad un aumento importante della quota di rinnovabili, ad una attenta valutazione dell’effetto delle sanzioni che penalizzano solo gli europei senza creare danni alla federazione russa e creando valore economico per gli esportatori statunitensi. Gli interessi dei cittadini europei devono essere al centro dell’azione dei governi. Interessi che a volte non corrispondono a quelli dei nostri alleati d’oltreoceano. La proposta del movimento cinque stelle di un energy recovery fund si inserisce in quest’ottica. Un grande piano di investimento basato sul debito comune che ripercorra quello messo in campo nel periodo della pandemia ma questa volta focalizzato sul tema dell’autonomia energetica. Un’autonomia che non può che essere accompagnata da un rafforzamento dell’industria UE per la produzione di pale eoliche, pannelli fotovoltaici e tutte le apparecchiature necessarie a garantire che il debito comune contratto sia utilizzato a vantaggio dei lavoratori e dell’industria dell’Unione. Insomma non un piano finanziario ma un piano di economia reale.
Dobbiamo arrivare ad un’Unione Europea forte che può e deve giocare un ruolo da protagonista del nuovo mondo multipolare che abbiamo di fronte nel prossimo futuro.
Un ultimo passaggio sulle azioni di breve termine. L’analisi delle entrate dello Stato nel 2021 fa rilevare maggiori entrate (rispetto al 2019) di circa 45 miliardi di euro. Per non parlare poi dei grandi guadagni che hanno avuto le società che comprano gas dall’estero vendendolo in Italia. Gli straordinari aumenti delle bollette di gas, energia elettrica, carburanti e materiali per edilizia devono essere affrontati con forza. L’interesse dei cittadini è vedere un governo che agisce in loro favore. Vanno aumentati i prelievi sui guadagni delle società di energia elettrica, di quelle petrolifere e del gas per ridistribuirli a chi ne ha più bisogno. Passare, come abbiamo chiesto con un emendamento, dal 10% al 25 % produce maggiori risorse per 6 miliardi. In più bisogna avere il coraggio di utilizzare una consistente parte del maggior gettito a favore di cittadini ed imprese. Si può e si deve fare di più. Il governo deve ascoltare la voce del popolo. Noi gliela faremo arrivare.